Le drammatiche vicende di Aleppo, Ankara e
Berlino, per tacere l’intero rosario dei massacri recenti, insieme ad un
sentimento di sgomento, destano un rovello più radicale e pernicioso
sullo spirito del tempo presente. La vita pubblica, ben al di là dei meri fatti
di sangue, pare interamente piegare verso una deriva di delirante trionfo dell’osceno, che investe ogni sfera dell’agire. Il declino della misura, il disfacimento implosivo
della proporzione, la perdita di senso del nesso mezzi-fini sono le macerie del
sabba della dismisura imperante in cui il deforme ha acquistato uno statuto
autonomo, poiché non necessita più nemmeno del suo termine reciproco di
riferimento. Se non che, sul punto di riaprire il profetico paragrafo 125 della
Gaia scienza di Friedrich Nietzsche,
è riemersa dalla memoria l’ultima pagina de Il Sublime (Perì hypsous) di Pseudo Longino. Così, dopo averla riletta, ho
capito che non potevo evitare di condividerla, dacché essa valeva ben più di
qualunque superflua ciarla ulteriore.
«Ottimo amico, è facile ed è tipico dell’uomo
disprezzare sempre il presente. Considera tuttavia se a rovinare le grandi
nature sia non già la pace universale, ma molto di più questa guerra sconfinata
che avvince i nostri desideri; e, oltre a ciò, per Zeus!, queste passioni che
oggi imprigionano la vita, devastandola e travolgendola del tutto. Infatti l’avidità
di ricchezza, da cui ormai siamo tutti insaziabilmente contagiati, e la lusinga
dei piaceri ci fanno schiavi e anzi, per così dire, mandano a picco la nave
della nostra vita con tutta la ciurma: perché l’amore del denaro è un morbo
degradante e la dedizione al piacere è un morbo tra i più ignobili.
Per quanto vi rifletta, io non riesco a
scoprire come sia possibile a noi che tanto rispettiamo e anzi, per dirla più
schietta, idolatriamo le ricchezze smisurate, non accogliere, quando s’insinuano
in noi, i vizi che sono loro congeniti. Infatti a una ricchezza senza limite né
freno, s’accompagna, s’attacca e, come dicono, procede affiancato lo sfarzo; e,
appena la ricchezza spalanca le porte delle città e delle case, lo sfarzo vi s’introduce
subito e vi coabita. Col tempo questi vizi, a dire dei saggi, fanno il nido
nelle nostre vite e, giunti velocemente alla procreazione, generano l’avidità,
l’alterigia e il lusso: figliolanza tutt’altro che spuria, ma anzi più che
legittima. E se qualcuno lascia che questi parti della ricchezza giungano a
maturazione, essi fanno nascere subito nelle nostre anime tiranni spietati: la
violenza, l’illegalità e la sfrontatezza.
È infatti inevitabile che così accada tutto
ciò: che gli uomini non sollevino più lo sguardo e che non facciano alcun conto
della gloria futura; che, nel ciclo di questi mali, si compia a poco a poco la
rovina della nostra esistenza; e che la grandezza dell’anima appassisca e si
spenga senza suscitare alcuna rivalità: quando essi ammirano le loro parti
mortali e non si curano di fare crescere le loro parti immortali.
Infatti chiunque si sia lasciato corrompere
prima di emettere un giudizio non può riuscire giudice libero e integro delle
cose giuste e belle (giacché è necessario che a un arbitro venduto appaiano
belle e giuste le proprie cose, <ingiuste e brutte le cose altrui>). Se
dunque arbitri di tutta la nostra vita sono la corruzione, la caccia ai morti a
noi estranei e le insidie tese ai loro testamenti; se, pur di trarre profitto
da ogni cosa, ciascuno di noi si vende anche l’anima, reso schiavo della sua
stessa <avidità di ricchezza>; in una così letale rovina della vita,
crediamo che ci sia ancora rimasto qualche libero e incorrotto giudice delle
cose grandi e protese all’eterno? Un giudice che non si lasci vincere dalla
brama di arricchirsi?
Ma forse, visto che siamo fatti così, per noi è
meglio essere asserviti anziché essere liberi. Poiché lasciate tutte quante
libere, le nostre cupidigie, come uscite da un carcere, si disfrenerebbero
contro il prossimo e inonderebbero di vizi il mondo intero»*.
* Pseudo Longino, Il Sublime (Trad. it. Giovanni Lombardo), Aesthetica
edizioni, Palermo, 1987.
La prima firma della satira italiana, nelle ultime settimane, ossessionata dal famigerato
referendum costituzionale, dalle molteplici gazzette sulle quali spezza il pane
delle sue sopraffine spiritosaggini, pubblica articoli fondati su un argomento
apparentemente formidabile.
Poiché lo schieramento del No era un insieme davvero
eterogeneo, un uomo saggio non avrebbe potuto che schierarsi per il Sì, a
prescindere dal merito della riforma costituzionale e a prescindere dal
giudizio politico sul governo Renzi. Tale argomento, che si potrebbe definire
"dell'accozzaglia", invero, pare davvero esile, se non palesemente
sofistico ed anzi logicamente inconsistente, ma del resto egli, ignorandone la lampante
fallacia, l'assevera con rancorosa strafottenza.
Se l'uomo saggio, a torto o a ragione, avesse
ritenuto la riforma, nei suoi contenuti, un poco edibile patè ai verdini frutti di boschi,
mai avrebbe potuto essere convinto del contrario solo perché tale patè era considerato parimenti disgustoso da una orrenda tribù antropofaga dell'Amazzonia, per la stessa
ragione che, mutatis mutandis, posto che Hitler sia stato vegetariano,
non ne deriva che tutti i vegetariani sono nazisti.
Se l'uomo saggio, inoltre, indipendentemente dal
merito della riforma, pur in base a valutazioni solo politiche, ossia l'inesistenza
di una credibile alternativa parlamentare disponibile, avesse giudicato di non poter
esprimere, a torto o a ragione, il proprio consenso ad un governo che ha
abrogato l'art. 18, ridotto in schiavitù a gettone i lavoratori e gestito con le
mance la questione drammatica dell'ineguaglianza sociale, analoga inefficacia
persuasiva avrebbe esercitato l'argomento dell'accozzaglia.
Certo, è ingiusto pretendere da un giornalista
di satira, faticose e serie riflessioni politiche. E tuttavia, per la sua meritata fama di
perspicace acutezza, non ci saremmo affatto stupiti se egli non si fosse
sdraiato su argomenti meno frustamente retorici, intinti nell'astio livoroso di
cortigiani e spin doctor da quattro soldi. Poiché con la sua riconosciuta intelligenza egli avrebbe potuto senz'altro
comprendere ben altro. E cioè, a mero titolo d'esempio.
Le norme costituzionali sono regole del gioco e
perciò fondano la loro legittimità sulla qualità eterogenea e sulla quantità ampia
del consenso ottenuto.
La carta costituzionale non può essere ridotta
a carne di porco per manovre politiche congiunturali.
Tutte le elezioni di medio termine sono
infauste per le forze governative.
Se per scriteriata
presunzione (cit. Massimo Cacciari) il giovanotto toscano ha ritenuto di
giocarsi la carta del referendum costituzionale, con un infelice azzardo, al
solo scopo di ottenere una personale legittimazione plebiscitaria, egli ha
anteposto il suo destino politico all'interesse del paese. Sicché del vuoto istituzionale determinato dal prevedibile risultato referendario, la
prima firma della satira italiana dovrebbe chieder conto solo al giovanotto
toscano, risparmiando agli elettori e ai lettori le sue rampogne divertenti ma,
per una volta, tutt'altro che spiritose.
E lasciamo in pace Rosa Luxemburg, e
soprattutto la povera Inter.
Alla svolta del vento è un verso bellissimo
di Vittorio Sereni, indegnamente estorto per farne il titolo di questo smilzo libriccino
di versi, perché, a raccolta finita, ho scoperto che in essa il vento vi correva
e ricorreva più d’ogni altra cosa, indipendentemente da una consapevole
intenzione.
Altro era il deliberato
titolo iniziale, che tuttavia l’evidenza materiale dei testi ha senz’altro mandato
in soffitta: capita, talora, che i libri si scelgano il titolo da soli.
La poesia, al di là dell’esaltazione
e del disprezzo, in definitiva è solo un linguaggio tra i tanti, come la
pittura, il cinema, la scultura, la musica, o per evitare esempi solo alti, la
segnaletica stradale. Per i più scettici, volendo approssimarsi ad un grado
zero di definizione, valgano le parole di J. L. Borges secondo cui «la forma
tipografica del testo [dei versi] serve ad annunciare al lettore che ciò che l’aspetta
è l’emozione poetica, non l’informazione o il ragionamento». Certo, altri han
preteso, non senza ragione, che la poesia debba essere un «dire più dicente»,
ma i prodigi, si sa, accadono di rado.
Alla svolta del vento nasce dal desiderio di saggiare
la materia sonora delle parole, nella ludica e vana illusione che l’armonia di
suoni e ritmi possa generare visioni e sensi ulteriori, ancorché frammentari e
fragili, né chiari né distinti del resto, ma nondimeno essenziali ad una
comprensione del mondo che è già sapere senza essere ancora conoscenza.
Di qui una ricerca di rispecchiamenti
tra significanti e significati per ripercorrere la via tra le parole e le cose,
evitando il cupo periplo dell’ombelico, poiché lo sguardo negli specchi è pura
perdita, mentre alle finestre c’è tutto lo stupore dell’esistenza, nel suo
splendore e nel suo squallore.
Camillo Sbarbaro, gran
birichino, scriveva in Fuochi fatui
che la poesia è un altro vizio solitario.
Eppure. Eppure ogni scrittura è, senza rimedio, appello incessante alla cerimonia
della fruizione. Ecco perché, pur tra mille dubbi e timori non sopiti, si esce ora
dall’ombra, senz’altro intento se non quello di rientrarvi, usando il breve
interludio tra le due ombre per proporre ad altri, così e semplicemente, appena
un gioco lieve incline al canto, tra storte sillabe e secche talora ed altre volte
umide d’aria sorridente.
Il non voluminoso
volumetto si compone di un proemio, La
musa frugale, e cinque sezioni: Elegie,
Dicerie, Personae, Partiture e Scritture. I testi proposti sono
moderatamente brevi e brevissimi, salvo che il lettore non conti i silenzi, in
verità necessari come l’ombra alla luce.
Il libriccino ha preso
una compiuta forma in carta e dorso, grazie alle amorevoli e sapienti cure di
Franco Chirico, che certamente lo avrebbe reso molto più bello senza le mie insensate
resistenze ispirate alla presunta sobrietà di disadorni papiri e maleodoranti pergamene.
E insomma, nulla di che,
ma se proprio vi capitasse tra le mani, buona lettura.
* * *
Prima edizione:
Settembre 2016
Pagine: 100
Edizione e progetto
grafico: INGEGNIedizioni di Franco
Chirico
Editore tecnico: Youcanprint
ISBN: 9788892626966
Edizione cartacea disponibile in tutti i bookstore online, in libreria invece occorre l’ordinazione.
Ebook (epub/mobi per Amazon, Kobo, Apple) disponibile
dal 20 ottobre 2016 in tutti i principali store online italiani ed esteri.
Ma se vai di fretta
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