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Ph. Robert Doisneau |
Le drammatiche vicende di Aleppo, Ankara e
Berlino, per tacere l’intero rosario dei massacri recenti, insieme ad un
sentimento di sgomento, destano un rovello più radicale e pernicioso
sullo spirito del tempo presente. La vita pubblica, ben al di là dei meri fatti
di sangue, pare interamente piegare verso una deriva di delirante trionfo dell’osceno, che investe ogni sfera dell’agire. Il declino della misura, il disfacimento implosivo
della proporzione, la perdita di senso del nesso mezzi-fini sono le macerie del
sabba della dismisura imperante in cui il deforme ha acquistato uno statuto
autonomo, poiché non necessita più nemmeno del suo termine reciproco di
riferimento. Se non che, sul punto di riaprire il profetico paragrafo 125 della
Gaia scienza di Friedrich Nietzsche,
è riemersa dalla memoria l’ultima pagina de Il Sublime (Perì hypsous) di Pseudo Longino. Così, dopo averla riletta, ho
capito che non potevo evitare di condividerla, dacché essa valeva ben più di
qualunque superflua ciarla ulteriore.
«Ottimo amico, è facile ed è tipico dell’uomo
disprezzare sempre il presente. Considera tuttavia se a rovinare le grandi
nature sia non già la pace universale, ma molto di più questa guerra sconfinata
che avvince i nostri desideri; e, oltre a ciò, per Zeus!, queste passioni che
oggi imprigionano la vita, devastandola e travolgendola del tutto. Infatti l’avidità
di ricchezza, da cui ormai siamo tutti insaziabilmente contagiati, e la lusinga
dei piaceri ci fanno schiavi e anzi, per così dire, mandano a picco la nave
della nostra vita con tutta la ciurma: perché l’amore del denaro è un morbo
degradante e la dedizione al piacere è un morbo tra i più ignobili.
Per quanto vi rifletta, io non riesco a
scoprire come sia possibile a noi che tanto rispettiamo e anzi, per dirla più
schietta, idolatriamo le ricchezze smisurate, non accogliere, quando s’insinuano
in noi, i vizi che sono loro congeniti. Infatti a una ricchezza senza limite né
freno, s’accompagna, s’attacca e, come dicono, procede affiancato lo sfarzo; e,
appena la ricchezza spalanca le porte delle città e delle case, lo sfarzo vi s’introduce
subito e vi coabita. Col tempo questi vizi, a dire dei saggi, fanno il nido
nelle nostre vite e, giunti velocemente alla procreazione, generano l’avidità,
l’alterigia e il lusso: figliolanza tutt’altro che spuria, ma anzi più che
legittima. E se qualcuno lascia che questi parti della ricchezza giungano a
maturazione, essi fanno nascere subito nelle nostre anime tiranni spietati: la
violenza, l’illegalità e la sfrontatezza.
È infatti inevitabile che così accada tutto
ciò: che gli uomini non sollevino più lo sguardo e che non facciano alcun conto
della gloria futura; che, nel ciclo di questi mali, si compia a poco a poco la
rovina della nostra esistenza; e che la grandezza dell’anima appassisca e si
spenga senza suscitare alcuna rivalità: quando essi ammirano le loro parti
mortali e non si curano di fare crescere le loro parti immortali.
Infatti chiunque si sia lasciato corrompere
prima di emettere un giudizio non può riuscire giudice libero e integro delle
cose giuste e belle (giacché è necessario che a un arbitro venduto appaiano
belle e giuste le proprie cose, <ingiuste e brutte le cose altrui>). Se
dunque arbitri di tutta la nostra vita sono la corruzione, la caccia ai morti a
noi estranei e le insidie tese ai loro testamenti; se, pur di trarre profitto
da ogni cosa, ciascuno di noi si vende anche l’anima, reso schiavo della sua
stessa <avidità di ricchezza>; in una così letale rovina della vita,
crediamo che ci sia ancora rimasto qualche libero e incorrotto giudice delle
cose grandi e protese all’eterno? Un giudice che non si lasci vincere dalla
brama di arricchirsi?
Ma forse, visto che siamo fatti così, per noi è
meglio essere asserviti anziché essere liberi. Poiché lasciate tutte quante
libere, le nostre cupidigie, come uscite da un carcere, si disfrenerebbero
contro il prossimo e inonderebbero di vizi il mondo intero»*.
* Pseudo Longino, Il Sublime (Trad. it. Giovanni Lombardo), Aesthetica
edizioni, Palermo, 1987.