![]() |
Hieronymus Bosch, La nave dei folli, 1494 ca.,
Parigi
|
Dei deliranti detti e discorsi, petulii puerili,
fermezze guaste, proclami tonitruanti, querule tenzoni, putrescenti appelli
e pelosissime compassioni, che oggidì rompono in chiasso, si dubita che residui,
depositandosi la nube del frastuono, un qualche senso dicibile secondo ragione.
E tuttavia, la babelica Fregnacceide inscenata senza pudore dagli statisti in campo, lungi dalla parvenza fantasmagorica, monocorde reitera un unico schema
loico miserrimo retto esclusivamente sull'addizione e sulla sottrazione.
Nient’altro che più questo e meno quello, dove la somma dei più cresce in dismisura ad ogni giro e a
ogni corsa, sfidando le favole più corrive, e parimenti gli accatastati meno giungono a formare un’altissima e avvampante pira tale da suscitare un
indignato e vindice canto: «Empi spegnetela, o ch’io tra poco, / Col sangue vostro la
spegnerò» (Il
Trovatore).
Codesto ragionare per somma e
sottrazione tolto in prestito alla retorica imbonitoria da fiera di
paese, nondimeno, reca a corredo solo lo smunto e leccato sembiante del contaballe di
turno, mentre l’onesto e verace imbonitore, almeno, è sempre pronto a dare prove
tangibili dei mirabolanti pregi dei suoi coltelli prodigiosi, affettando
zucchini e patate con destrezza esemplare squadernata sotto gli occhi increduli
dei siori e delle siore astanti in diffidente visibilio. Il garrulo statista in pectore, di contro, come Mackie Messer, ha il coltello ma vedere non lo fa.
Per addizione e sottrazione, del resto, si
produce l’agognata neutralizzazione di ogni articolato argomento ragionante,
a beneficio della facondia di un tanto al chilo, terreno fertilissimo per ogni
approssimazione condita dell’insipienza più efferata offerta in sacrificio alle
plaudenti opposte fazioni analfabete.
Pur rammentando il venerabile adagio che senza
esteso sapere e diffusa virtù il suffragio universale è solo riserva di caccia
di tristi demagoghi, tale tenore del confronto elettorale in corso, non può che destare
raccapriccio, ma non sorpresa, confermando il giudizio che, in ben altra
temperie, formulò un disincantato e lapidario Luigi Pintor, ossia, che le
elezioni sono trappole per coglioni.