Venere callipigia, Museo Archeologico Nazionale, Napoli |
Un giovin scrittore, già battezzato tra i
pochissimi eredi del canone delle patrie lettere dal decano della critica
italiana, confessa di aver imparato «a far vedere non solo quello che mi
gratifica presso gli altri, come l'intelligenza e l'ironia, ma anche l'idiozia
e la menzogna. Come Malaparte, Céline, De Sade. Di una scultura c'è sempre il
dietro. Della statua di una dea c'è anche il culo. E spesso l'artista ha avuto
cura di farlo venir bene, un po' sporgente».
Dei personali apprendimenti dell'illustre
scrittore non cale ad alcuno, essendo del resto sottratti a valutazioni
arbitrarie; solleciterebbe di contro pruriginose curiosità la questione
ontologica, per altro indecisa, circa l'esistenza del culo della dea. Ci
esime, nondimeno, da qualunque gravame di approfondimento anselmiano, la
circostanza che l'affermazione non si riferisce già a eventuali dispute
metafisiche sul deretano divino, quanto piuttosto alle umane
rappresentazioni statuarie di esso culo. Tema, per dir così, di
vasto e debordante interesse artistico, d'altronde, a tal segno che menarne vanto d'inusitata
scoperta sfiderebbe la più stolta ovvietà, alla stregua di chi d'incanto,
percorrendo via del Lavatore fino all'angolo di via di S. Vincenzo, innanzi
allo splendido monumento che troneggia nell'antistante piazza Trevi, pretendesse d'avere scoperto la celeberrima fontana.
Non sarebbe, forse, appena più intrigante
interrogarsi sulla perniciosa e mutilante ossessione del nostro
tempo per codesta callipigia sporgenza? Dacché, con ogni evidenza, «c'è anche il
culo», ma vivaddio, non c'è solo il culo, con rispetto parlando.
*Bello di Roma: Propr. il Colosseo, storpiato in Culiseo.
Valter Boggione - Giovanni Casalegno, Dizionario storico del
lessico erotico italiano, Milano, 1996.
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