SECONDA CRONACHETTA
Prefatio
Dove si narra della passione prima
felice, poi dolentissima e funesta, di un consigliere comunale per le
fotocopie.
Un innominabile legislatore deliberò,
ormai sono tanti anni, una legge sciagurata che assicurava il diritto d’accesso
agli atti amministrativi per i cittadini con un interesse giuridicamente
rilevante. Poi, al culmine dell’irresponsabilità più efferata, si giunse a
varare il famigerato art. 43 comma 2 del Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n.
267 che riconosce ai consiglieri comunali il diritto di accesso a tutti gli
atti utili all'espletamento del mandato, senza alcuna
limitazione. In realtà qualunque interprete, o parlante italiano dotato di
ordinario buon senso, ancorché privo di qualunque rudimento di diritto,
comprende che l’espressione “tutti gli atti” significa atti di qualunque genere
e tipo, ossia indica una totalità qualitativa. Per contro con perfida dabbenaggine
l’espressione “tutti gli atti” è stata interpretata come una totalità
quantitativa, con esiti catastrofici inimmaginabili. La giustizia
amministrativa in tutti i gradi di giudizio è stata chiamata, con innumerevoli
ricorsi, liti, procedimenti e sentenze, a tutelare un simile smisurato diritto.
Vi sono stati consiglieri comunali che con fermezza impudente hanno richiesto
la copia integrale di un Piano Regolatore Generale, che è un mostruoso atto
formato da decine di faldoni alti trenta centimetri ciascuno. Senza tema
d’enfasi indebita, si può senz’altro affermare che raramente una legge ha avuto
effetti più devastanti.
Infatti, al danno incalcolabile per la
giustizia si è aggiunto l’incommensurabile disastro patito dall’ecosistema, per
l’immensa quantità di carta consumata: intere foreste sono state rase al suolo
e vaste aree del pianeta sono oggi desertificate per soddisfare il diritto ineffabile
del consigliere comunale di possedere le fotocopie indispensabili all’esercizio
del suo mandato. La dimensione del problema, del resto, non può prestarsi ad
alcuna sottovalutazione, sol che si consideri che in Italia vi sono 8.100
comuni che in media eleggono 15 consiglieri ciascuno. Ne risulta una massa di
121.500 eletti con il diritto alla fotocopia di tutte, ma proprio tutte, le carte
utili e inutili prodotte dalle loro amministrazione. Un immenso esercito di
barbari che inarrestabilmente avanza verso lo sterminio inevitabile d’ogni
arbusto o patriarca, insensibile per la bellezza delle foreste equatoriali o di
quelle tropicali, dei boschi cedui o delle fustaie.
Sic stantibus rebus ...
Il
duello finale del film Per un pugno di
dollari di Sergio Leone vede fronteggiarsi Joe-Clint Eastwood e Ramón-Gian
Maria Volontè. Al culmine della tensione, Joe ripete le parole che amava dire Ramón:
«Quando un uomo con la pistola incontra un uomo col fucile, quello con la
pistola è un uomo morto».
Questa
sommaria divisione del mondo tra uomini col fucile e uomini con la pistola era
divenuta il fondamento dell’antropologia elementare del Consigliere P. —
ovviamente mutatis mutandis. Ossia, le armi erano soppiantate dalle fotocopie,
notoriamente strumenti micidiali e terrificanti tali da inquietare perfino
Bush, il grande statista notoriamente assai sensibile al tema delle armi di distruzione di
massa.
Con
passione sperticata e divorante egli le ricercava, accumulava, collezionava,
allibrava, archiviava e compulsava, così da far risuonare infine la terribile
frase: «Quando un uomo con le fotocopie incontra un uomo senza fotocopie,
quello senza fotocopie è un uomo morto».
Ciascuno,
è vero, ha le proprie inclinazioni, de gustibus. Non desta più scaldalo ormai
alcuna nefandezza, in tempi grami di relativismo etico, come amava ripetere il
Santo Padre Emerito.
E a
ben guardare le fotocopie, di per sé, sono oggetto apparentemente innocuo:
meglio accanirsi su carte imbrattate che su vecchi, donne e bambini. Insomma,
c’è di peggio. E però, com’è noto in psichiatria, l’oggetto del disturbo non è
rilevante, poiché conta di più la natura della relazione ossessiva, per definire
la gravità di una patologia. Ora, il consigliere P. manifestava una bulimia,
anzi una libidine, vorace e irrefrenabile per il suo oggetto di passione: le
fotocopie.
Come
uomo assetato in prossimità illusoria di un’oasi, intuita l’esistenza di carte, strabuzzava, scalpitava, si stropicciava, per catafottersi, infine, su pile
babeliche di dissetanti fogliazzi inchiostrati, come se fossero limpida fonte
rigeneratrice, tocco di femmina irresistibile, o altri scrigni di piacere. Il
suo appetito incontinente e collezionistico del tutto indiscriminato non
tralasciava nulla: egli ardeva di possedere ogni foglio, purché debitamente
riprodotto. Come il Don Giovanni di Mozart non disdegnava alcuna donna, tanto
che Leporello poteva cantare il celeberrimo elenco delle sue conquiste:
In Italia seicento e quaranta,
in Lamagna duecento e trentuna,
cento in Francia, in Turchia novantuna,
ma in Ispagna son già mille e tre.
cento in Francia, in Turchia novantuna,
ma in Ispagna son già mille e tre.
V'ha fra queste contadine,
cameriere, cittadine,
v'han contesse, baronesse,
marchesane, principesse,
e v'han donne d'ogni grado,
d'ogni forma, d'ogni età.
v'han contesse, baronesse,
marchesane, principesse,
e v'han donne d'ogni grado,
d'ogni forma, d'ogni età.
Così
il consigliere P. avanzava eroicamente, con passo ardito e sprezzo del
pericolo, all’assalto di ogni fotocopia disponibile. In vista di ogni faldone,
egli vedeva un Piave mormorante che ad ogni costo doveva essere "valicato" trionfalmente alla conquista dell’agognata riproduzione.
Altro che fantasma che s’aggira di qua e di là, in carne e ossa, invero, s’avanzava un homo cartivorus incontinens, tormentato da pulsioni violentissime e primordiali, che con tensione suprema affermava i suoi dogmi:
Altro che fantasma che s’aggira di qua e di là, in carne e ossa, invero, s’avanzava un homo cartivorus incontinens, tormentato da pulsioni violentissime e primordiali, che con tensione suprema affermava i suoi dogmi:
Fotocopia
e moschetto consigliere perfetto
Credere
fotocopiare combattere
Fotocopie
o Muerte
É
l'aratro che traccia il solco, ma è la fotocopia che lo difende
Alimentato da
tale diuturno e pervicace impegno, il suo personale Archivio Universale Quattrocani della fotocopia era divenuto smisurato e immenso, ogni
riproduzione dello scibile vi aveva posto: la Library of Congress al
confronto era uno scantinato, il Beaubourg una cosuccia. L’Archivio Quattrocani conteneva, dunque, di tutto; tanto che era trapelata
la voce che vi fosse gelosamente custodito persino il documento del passaggio
di Garibaldi in Sicilia, al tempo della spedizione dei Mille. Pare che in una
teca di forma ovale, con protezione di cristallo antiproiettile, su fondo di
velluto rosso, fosse conservata la carta igienica usata dall’eroe dei due
mondi, in fotocopia, si capisce. Alcuni storici avevano dubitato dell’autenticità
del documento attribuendolo a Nino Bixio, che notoriamente talora ne faceva le
veci. Ma con incontrovertibili argomenti, divenuti bibbia filologica della
storiografia garibaldina, il consigliere P. aveva dimostrato l’autenticità
eroica della sua riproduzione, affermando che coloro che lo contraddicevano
erano in aperta malafede perché storici comunisti.
Un
evento imprevedibile, però, giunse a turbare irreversibilmente questo
equilibrio riproduziofrenico. Un maledetto giorno il consigliere P. scoprì due
faldoni maggiorati ricolmi d’ogni ben di dio. Ne chiese immantinente la
riproduzione integrale, anzi integralissima, con copie in A4 perfino della
crusca degli interstizi, ma ne ottenne imprevedibilmente un immotivato e
disgustoso, ostile e ostruzionistico diniego. Apriti cielo. L’homo cartivorus
in preda ad un raptus licantropico, con le narici dilatate fino a smisurate
froge, gli occhi iniettati da manzo infuriato, percolante freddi sudori, si
scagliò come una mandria impazzita contro i nemici. Ma come? Dopo avergli fatto
annusare, vedere e perfino toccare un cosi seducente tesoro, tale da procurare
sconvenienti e incontrollabili accessi erettili perfino a un morto, gli si
opponeva adesso un rifiuto tanto crudele?
Lo
trovarono sopra un ballatoio, afferrato ad una balconata, che ululava, latrava,
delirava accuse irripetibili contro i rinnegati e turpi denegatori, infine,
urlando imperterrito:
«Vogliooo
le fotocopieee!!!»
«Voglioooooo
le fotocopieee!!!»
Più o
meno come Ciccio in Amarcord che, fuggito su un albero, urlava a squarciagola:
«Voglio una doonnaaa!»
Ma vivaddio, meglio Ciccio.
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