La fotografia è essenzialmente sguardo, tuttavia il molteplice uso di essa nei più svariati modi e campi, obbliga a determinare, di volta in volta, la natura specifica dell’immagine fotografica offerta alla nostra fruizione. Semplificando, talvolta essa è meramente riproduttiva, talaltra essa è produttiva; nel caso della mostra fotografica di Filippo La Marca, una siffatta polarità pare doversi revocare in dubbio, poiché prevale una contaminazione che trascende una misura percettiva certa.
Come nel Gioco a nascondere di Lucio Piccolo, le immagini proposte sono
«(...) ingannevole gioco,
equivoco d’ombre e barbagli,
di forme che chiamano e
negano un senso» (I 36-39).
Non l’arbitrario gesto dell’autore, ma solo la luce nella sua prismatica creatività s’incarica di riformulare le cose, offrendole ad una plurale percezione immaginaria di folate di raggi e di perenni transiti, fino al punto da generarne identità ulteriori, ossia una moltiplicazione di livelli di realtà delle nude cose che per illusori e mutevoli echi di luce proiettano allucinate forme, fatte della stessa abbagliante materia dei miraggi.
Tale esito, onde «tutto quanto il ver pongo in oblio» (Leopardi), si compie per lo straniamento di fughe visive ribadite per contrappunto da rispecchiamenti speculari, iterazioni ottiche, fantasmagorie, riflessi, aeree e furtive ombre e iridescenze incuranti d'ogni forma conosciuta.
L'insistita concentrazione dell'interesse visivo su parti e frammenti, ben lungi da un premeditato uso retorico della sineddoche, rivela piuttosto una misteriosa fuga, che pare trovare il suo rifugio espressivo nel particolare, laddove tuttavia tale particolare realizza la compiutezza di stare solo per sé, poiché risulta ormai ignoto il termine del suo rinvio. Questo curioso particolare, in sé compiuto e sradicato da un tutto edenico definitivamente perduto, ha la felice e fugace vita del miraggio, che con perentoria e abbacinante potenza ci appare, ma che altrettanto fuggevolmente scompare.
Solo che questa volta, solo per un istante, Filippo La Marca ne ha saputo catturare il palpito, la transitoria fragranza, quel cuore illusorio di luce che nel suo darsi già dilegua.
Post scriptum
Ogni testo è scritto per tutti, ma più o meno segretamente, ciascun testo fa appello ad un ideale lettore regolativo, a volte vero e a volte immaginario. Non fa eccezione questa parergatica scrittura, il cui lettore regolativo è una persona di raffinata sensibilità e di mirabile ingegno warburghiano. Il molto discutibile valore del testo che si presenta, tuttavia, mi obbliga all'acerbo pudore di proteggerne l'identità sotto le riservate spoglie di una sigla: A. S.
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