Dio
non ha unità,
come
potrei averla io?
Fernando
Pessoa
Franco
Chirico, La stanza dell'artista, matita su cartoncino, 1979
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Anche
la luce, la più adamantina cosa del mondo, e trasparente e coerente,
si spezza nel plurale iride, diviene tanti colori, solo che passi da
un prisma; si fa contraddizione, e ciò che reca alle forme i colori è essa stessa un fascio di colori.
Quale
orrore della contraddizione può negare perfino l'evidenza della
molteplicità, varietà, pluralità degli uomini e delle cose. Solo
quell'immondo simulacro del sé, intero, unico e intonso, può
vietare di prorompere al divenire della vita che è mutamento,
vicenda, contingenza assoluta. Quell'orrido essere, in tronfio
trionfo, è ciò che defunge nello stare, pari al nulla. Non sono
perché non voglio essere e non voglio non essere, penso di essere
solo quando non penso, ma sono pensato dai dogmi dell'ontologia
mortifera che imprigiona il divenire nelle panie di inerti costrutti
d'essere.
I
fermi principi, gli eterni valori, la fondata ragione, le rigide
norme, l'immacolata purezza, sono maschere della morte, ché la vita
è tumulto, crisi, scorrere lutulento e maculato ricominciamento,
infine, solo alba e tramonto, sguardo che muta nel mutare del mondo.
Su
un gorgogliante caos definitivo la zattera si disfa e si
ricostituisce con i relitti portati dalla marea, e nel vasto mare del
possibile ― talvolta diveniente, talaltra mai divenuto e rimasto
informe maceria ai piedi dell'Angelus novus di Klee e
Benjamin ― solo il farsi e disfarsi delle onde regola il fragile
tempo della fuga di sé, della dissipazione e della perdita.
D'altronde,
poiché ogni vita è sempre cominciata, la perfetta coerenza sarebbe
rifiuto di ogni apertura al diveniente, una continuità autistica
simile alla vita del ragno: mera iterazione e autoproduzione.
Poi,
però, nell'andante senza moto dell'accadere lineare irrompe il
presto con fuoco del desiderio che spalanca le finestre
all'esperienza prismatica rivelando la contraddittorietà di tutto,
buttando all'aria ogni castello di certezze, dividendo il sé intero
e trasparente a se stesso in un plurale pulviscolo di frammenti
incoerenti.
Vedi
allora d'improvviso la tua ombra ubiqua e mobile, inafferrabile
perfino nel solare mezzogiorno, e forse quella stessa ombra è solo
una finzione, dalla quale tuttavia non vi è nulla da temere, perché,
come sapeva Fernando Pessoa, infine, fingere è conoscersi.
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