da Silvio Pellico
Silvio Pellico è a tutti noto come
esemplare patriota e celebrato autore de Le mie prigioni. Meno noto è il
suo genio profetico, che siamo oggi in grado di documentare, grazie alla
provvidenziale scoperta di una sua poesia ancora inedita dal titolo controverso
De mente o Demente: invero il secondo dei due sembra lezione
inattendibile, scaturita da una interpolazione apocrifa o da un mero refuso,
dacché linguisticamente contraddittoria e anacronistica. Il carme preannuncia,
con quasi due secoli d’anticipo, la straordinaria figura e la mirabolante
ascesa di S. B.
Questa autentico scoop letterario, effettivamente può suscitare
sorpresa, nondimeno recherebbe una grave offesa all’arte e alla verità chi
nutrisse arbitrariamente un preventivo sospetto alimentato solo da abbietti
pregiudizi ideologici verso il grand’uomo di Arcore. Una scrupolosa analisi
filologica del testo, infatti, ha permesso di acclarare ragioni tematiche e
valori formali imponenti a suffragio della sua autenticità, dissipando ogni
possibile dubbio di spurie manomissioni, ovvero di rimaneggiamenti apocrifi.
Il
testo ci è pervenuto in uno stato relativamente precario, onde con ogni cautela
si è provveduto ad una fedele ricostruzione, con precipue finalità restaurative, nello spirito e nella lettera del genuino dettato silviopellichiano. Il cattivo
stato dell’opera, al suo ritrovamento, ci obbliga a congetturare che essa sia
transitata da una o più biblioteche comuniste, dove, calpesta e derisa, è
rimasta per lungo tempo ignominiosamente occultata. Finalmente possiamo
restituirla alla luce del mondo e ai lettori, per il conforto di tutti coloro
che hanno a cuore la libertà, nonché le nobili gesta del Cavaliere che con
sagace preveggenza il Pellico, con un magnifico vaticinio, volle celebrare a
futura memoria
E che importa
ovunque gema
Questa salma
sciagurata
S’altra possa Iddio
gl’ha data
Che null’uom può
vincolar?
Sovrumana è la sua
mente,
Vasta rapida e
possente;
Più d’un tempo è a
lei presente
Cielo abbraccia e
terra e mar.
Ei non è solo egre
membra
Di poc’alito
captive,
Anzi è alma che in
Dio vive,
Anzi è liber
possessor;
Anzi è ente, che
securo
Come aquila sul
monte,
Mira intorno, e
l'ali ha pronte
Ogni loco a
posseder.
Crine al vento e pie’
veloce
Corre l’onde e i
canaloni
Gladio in resta e
due maroni
Sempre intrepido a brandir
Di lontano tosto
infilza,
Di lontano ascolta
i detti.
È ‘l terror de’ rei
baffetti,
D’ogni etèra ruba
il cor.
Sia con seni al silicone,
Saltimbanchi e
pannoloni,
Saponette e
cortigiani,
Miete
telespettator.
Cavatore di danari,
Gabba ogni uomo al
mondo,
La sua gloria non
ha fondo
Grazie alle
television.
Lode etterna al re
dei cieli
Che gl’ha dato
questa mente,
D’una fantasia
fervente
Onde è sempre
vincitor:
«Morte invan
brandisci ‘l ferro
Di che mai tremar
degg’io?
Sono spirto e
spirto è Dio
Non son meno del
fattor.»
Diss’ei, or che
crebbe supicione
Che non cura
d’altri fosse
Il tanto romor a
Italia alzato,
Poi che il brando
sì agitato
Sol suo cul volea
serbar impenetrato
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