domenica 25 novembre 2012

De Mente

da Silvio Pellico


Silvio Pellico è a tutti noto come esemplare patriota e celebrato autore de Le mie prigioni. Meno noto è il suo genio profetico, che siamo oggi in grado di documentare, grazie alla provvidenziale scoperta di una sua poesia ancora inedita dal titolo controverso De mente o Demente: invero il secondo dei due sembra lezione inattendibile, scaturita da una interpolazione apocrifa o da un mero refuso, dacché linguisticamente contraddittoria e anacronistica. Il carme preannuncia, con quasi due secoli d’anticipo, la straordinaria figura e la mirabolante ascesa di S. B.
Questa autentico scoop letterario, effettivamente può suscitare sorpresa, nondimeno recherebbe una grave offesa all’arte e alla verità chi nutrisse arbitrariamente un preventivo sospetto alimentato solo da abbietti pregiudizi ideologici verso il grand’uomo di Arcore. Una scrupolosa analisi filologica del testo, infatti, ha permesso di acclarare ragioni tematiche e valori formali imponenti a suffragio della sua autenticità, dissipando ogni possibile dubbio di spurie manomissioni, ovvero di rimaneggiamenti apocrifi.
Il testo ci è pervenuto in uno stato relativamente precario, onde con ogni cautela si è provveduto ad una fedele ricostruzione, con precipue finalità restaurative, nello spirito e nella lettera del genuino dettato silviopellichiano. Il cattivo stato dell’opera, al suo ritrovamento, ci obbliga a congetturare che essa sia transitata da una o più biblioteche comuniste, dove, calpesta e derisa, è rimasta per lungo tempo ignominiosamente occultata. Finalmente possiamo restituirla alla luce del mondo e ai lettori, per il conforto di tutti coloro che hanno a cuore la libertà, nonché le nobili gesta del Cavaliere che con sagace preveggenza il Pellico, con un magnifico vaticinio, volle celebrare a futura memoria



E che importa ovunque gema
Questa salma sciagurata
S’altra possa Iddio gl’ha data
Che null’uom può vincolar?

Sovrumana è la sua mente,
Vasta rapida e possente;
Più d’un tempo è a lei presente
Cielo abbraccia e terra e mar.

Ei non è solo egre membra
Di poc’alito captive,
Anzi è alma che in Dio vive,
Anzi è liber possessor;

Anzi è ente, che securo
Come aquila sul monte,
Mira intorno, e l'ali ha pronte
Ogni loco a posseder.

Crine al vento e pie’ veloce
Corre l’onde e i canaloni
Gladio in resta e due maroni
Sempre intrepido a brandir

Di lontano tosto infilza,
Di lontano ascolta i detti.
È ‘l terror de’ rei baffetti,
D’ogni etèra ruba il cor.

Sia con seni al silicone,
Saltimbanchi e pannoloni,
Saponette e cortigiani,
Miete telespettator.

Cavatore di danari,
Gabba ogni uomo al mondo,
La sua gloria non ha fondo
Grazie alle television.

Lode etterna al re dei cieli
Che gl’ha dato questa mente,
D’una fantasia fervente
Onde è sempre vincitor:

«Morte invan brandisci ‘l ferro
Di che mai tremar degg’io?
Sono spirto e spirto è Dio
Non son meno del fattor.»

Diss’ei, or che crebbe supicione
Che non cura d’altri fosse
Il tanto romor a Italia alzato,
Poi che il brando sì agitato
Sol suo cul volea serbar impenetrato

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