domenica 9 dicembre 2012

La vita breve della verità


Se capitasse di leggere il seguente preteso sillogismo:
la cammorra ha condannato a morte Roberto Saviano
ma la camorra non ha ucciso Roberto Saviano
dunque Roberto Saviano è un camorrista
ogni persona dotata di comune buon senso proverebbe orrore e disgusto, sia per la delirante logica sottesa alla presunta deduzione, sia per il carattere palesemente calunnioso dell’odiosa accusa.
Quando, per contro, il PM Antonio Ingroia sostiene che
la mafia aveva condannato a morte Calogero Mannino
ma la mafia non ha ucciso Calogero Mannino
dunque Calogero Mannino è un mafioso
la pubblica opinione non si ribella ed anzi assiste sgomenta al racconto raccapricciante della presunta trattativa stato-mafia. Certo la differenza intellettuale e morale di Roberto Saviano al cospetto dell’ex democristiano Calogero Mannino, non si misura nemmeno a spanne. Ma basta questo a obnubilare le menti? Certo, Mannino è uomo di quella democrazia cristiana sicuramente collusa con qualunque potere legale e illegale utile ad assicurare, senza scrupoli e con ogni mezzo, la propria egemonia. Da Peppino Impastato a Pio La Torre, da Placido Rizzotto ai martiri di Portella della Ginestra, lo si sapeva bene, già da qualche anno, diciamo sommessamente senza offesa per nessuno.
Ma imbastire un processo nell'anno del Signore 2012, sulla base delle logiche parasillogistiche già dette e con questa doviziosa ricerca dell’evento clamoroso, fino alla recente sentenza della Corte Costituzionale sul conflitto di attribuzioni, desta il sospetto, beninteso un mero sospetto, che si tenti di sostenere l’accusa montando ad arte clamorosi scandali. Si dubita forse della tenuta del castello accusatorio fondato su incerto materiale probatorio e su una logica istruttoria tutt’altro che aristotelica?
Poi però si scopre che, dopo le casuali e fortuite intercettazioni del presidente Napolitano, tra le carte dello stesso PM Ingroia, ancora una volta per puro caso, sono finite anche le intercettazioni del capo del suo ufficio, il procuratore Messineo. Con ogni evidenza due casi accidentali, capita talvolta che la fortuna si accanisca e che cadano due lampi sullo stesso albero. D’altronde due indizi non fanno una prova, né bisogna piegarsi a facili insinuazioni scespiriane, sicché non è da credere che ci sia del metodo in questa casualità. E tuttavia si resta costernati e tornano profetiche queste parole del Gattopardo di Tomasi di Lampedusa.
«In nessun luogo quanto in Sicilia la verità ha vita breve: il fatto è avvenuto da cinque minuti e di già il suo nocciolo genuino è scomparso, camuffato, abbellito, sfigurato, oppresso, annientato dalla fantasia e dagli interessi; il pudore, la paura, la generosità, il malanimo, l’opportunismo, la carità, tutte le passioni le buone quanto le cattive si precipitano sul fatto e lo fanno a brani; in breve è scomparso.»

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