Se capitasse di leggere il
seguente preteso sillogismo:
la cammorra ha
condannato a morte Roberto Saviano
ma la camorra
non ha ucciso Roberto Saviano
dunque Roberto
Saviano è un camorrista
ogni persona dotata di comune
buon senso proverebbe orrore e disgusto, sia per la delirante logica sottesa
alla presunta deduzione, sia per il carattere palesemente calunnioso dell’odiosa
accusa.
Quando, per contro, il PM Antonio
Ingroia sostiene che
la mafia aveva
condannato a morte Calogero Mannino
ma la mafia
non ha ucciso Calogero Mannino
dunque Calogero
Mannino è un mafioso
la pubblica opinione non si
ribella ed anzi assiste sgomenta al racconto raccapricciante della presunta
trattativa stato-mafia. Certo la differenza intellettuale e morale di Roberto
Saviano al cospetto dell’ex democristiano Calogero Mannino, non si misura nemmeno
a spanne. Ma basta questo a obnubilare le menti? Certo, Mannino è uomo di
quella democrazia cristiana sicuramente collusa con qualunque potere legale e
illegale utile ad assicurare, senza scrupoli e con ogni mezzo, la propria egemonia. Da Peppino Impastato a Pio La
Torre, da Placido Rizzotto ai martiri di Portella della Ginestra, lo si sapeva
bene, già da qualche anno, diciamo sommessamente senza offesa per nessuno.
Ma imbastire un processo nell'anno
del Signore 2012, sulla base delle logiche parasillogistiche già dette e con
questa doviziosa ricerca dell’evento clamoroso, fino alla recente sentenza
della Corte Costituzionale sul conflitto di attribuzioni, desta il sospetto,
beninteso un mero sospetto, che si tenti di sostenere l’accusa montando ad arte
clamorosi scandali. Si dubita forse della tenuta del castello accusatorio
fondato su incerto materiale probatorio e su una logica istruttoria tutt’altro
che aristotelica?
Poi però si scopre che, dopo le casuali
e fortuite intercettazioni del presidente Napolitano, tra le carte dello stesso
PM Ingroia, ancora una volta per puro caso, sono finite anche le
intercettazioni del capo del suo ufficio, il procuratore Messineo. Con ogni
evidenza due casi accidentali, capita talvolta che la fortuna si accanisca e che
cadano due lampi sullo stesso albero. D’altronde due indizi non fanno una prova,
né bisogna piegarsi a facili insinuazioni scespiriane, sicché non è da credere
che ci sia del metodo in questa casualità. E tuttavia si resta costernati e tornano
profetiche queste parole del Gattopardo di Tomasi di Lampedusa.
«In nessun
luogo quanto in Sicilia la verità ha vita breve: il fatto è avvenuto da cinque
minuti e di già il suo nocciolo genuino è scomparso, camuffato, abbellito, sfigurato,
oppresso, annientato dalla fantasia e dagli interessi; il pudore, la paura, la
generosità, il malanimo, l’opportunismo, la carità, tutte le passioni le buone
quanto le cattive si precipitano sul fatto e lo fanno a brani; in breve è
scomparso.»
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