Violando
la missione di questo solitario blog di trattare solo parerga, ossia quisquilie
e pinzillacchere, desidero dare notizia ai miei tre lettori d’una iniziativa
brillante e folle e sovversiva e a modo suo stupefacente.
Su
Twitter da qualche mese cinguetta @dantesommopoeta, un fantasioso fake come
tanti altri, si direbbe. Ebbene, per nulla affatto. @dantesommopoeta, in
verità, esercita un alto magistero originale: cinguetta in terzine di endecasillabi.
Ancora si potrebbe dire, niente di che, un gioco di terzine di un tardo amante
della bella lingua che mostra la sua abilità di rimatore. Solo che per
coalescenza e addensamenti progressivi intorno al Sommopoeta si è radunata una
comunità che per contagio cinguetta analogamente in rima e metro, ciò che determina
una diversa prospettiva di giudizio, oltre che un oggettivo effetto di
straniamento. La comunità versificante, infatti, usa una lingua se non culta
almeno controllata, mentre sul piano dello stile la misura metrica, vincola ad
una piena responsabilità espressiva. Nulla di più lontano dalla lingua dei Social
Network drammaticamente sincopata e popolata di borborigmi, neoglifi e faccine,
insomma un morto corpus in attesa dell’esame autoptico di qualche sfaccendato
linguista anatomopatologo.
Poiché
da Parmenide a Vygotsky non si può più dubitare che il pensiero è nella sua essenza
pensiero linguisticamente strutturato, ne discende che ad un linguaggio
destrutturato in genere corrisponde un pensiero inarticolato ed essiccato, donde
i legittimi timori d’una crescita esponenziale del cretinismo peumatico associato all’uso dei cosiddetti Social.
Il
canone dei 140 caratteri in terzine di endecasillabi, praticato in partibus infidelium, anziché generare
una contraddizione stridente, di contro, si mostra come un vitale gioco
linguistico, poiché la versificazione posta al sevizio dell’indignazione e
dello sberleffo o dell’arguzia e della polemica, non si limita a produrre un paludato
panneggiamento estrinseco. Perfino l’odio più aperto e viscerale, infatti, se misurato
in sillabe e accenti, riscatta la sua natura belluina di bassa passione, elevandosi
a invettiva civile.
Di
qui, non sembri stravagante, la contiguità laterale e l’aria di famiglia,
mutatis mutandis, con le pratiche alte di scrittura vincolata di OuLiPo,
Ouvroir de Littérature Potentielle, dacché il gioco acquista il valore di un esercizio
di stile volto alla sperimentazione del vincolo della retrocessione stilistica
e linguistica per rielaborare il presente.
D’altronde
la lezione di @dantesommopoeta, intanto, ha il prezioso merito pedagogico di
contrastare la sciocca credenza che la versificazione sia tout court poesia,
china su palpiti e sospiri, espressione di lagrimevoli sfoghi vitelleschi e di pindarici
voli di tacchino.
L’endecasillabo,
già architrave della poesia italiana, nel gioco del Sommo conferma la sua
inesauribile versatilità e vitalità, al punto che dopo aver sostenuto Dante e
tutti i maggiori, imprevedibilmente ora si dimostra altrettanto formidabile
quale misura e mezzo per intrecciare messaggi in centoquaranta caratteri. È
evidente che l’inclita cerchia del Sommopoeta non mira all’ascesa del Parnaso, e
tuttavia l’uso di un canonico strumento letterario nell’ambito di una vivente
pratica sociale comunicativa, genera un campo creativo formalizzato che ha una
irriducibile qualità estetica: non è ancora letteratura, ma è già twitteratura
potenziale.
Scrivere
una sorta di commedia aperta e corale, nutrita delle cento voci di una comunità
pensante e twittante, del resto, mette in questione la tradizionale relazione
letteraria fondata sulla rigida separazione di produzione e consumo che, tolti
i poeti laureati dall’industria culturale, rende tutti gli altri meri fruitori
passivi. Nondimeno la letteratura come pratica separata, non è né verità di
fede né di natura, ma esclusivo frutto della divisione capitalistica del
lavoro. Tra l’Alighieri e il contadino che improvvisava in terzine e in ottave
tra i filari, la distanza estetica è incommensurabile, ma entrambi muovevano dal
medesimo bisogno espressivo radicato nella comune umanità. Questa radice
d’umanità totale non è contemplata nella sacra antropologia divisiva e
gerarchizzata del neocapitalismo barbarico: tu fai il precario, quello sta
all’altoforno, tu vendi scarpe e per le flatulenze letterarie basta Baricco,
poi tutti insieme nel passivo ovile televisivo come le pecorelle di Dante
«timidette atterrando l'occhio e 'l muso» (Purg. C. III v.81).
Ben
al di là delle mie noiose speculazioni sporcocomuniste, da ultimo, la bellezza e
la forza dell’iniziativa del @dantesommopoeta consiste tuttavia nella sua
nativa qualità di abbagliante intuizione, che sa senza bisogno di conoscere
(Faber), illuminata dal saggio proverbio arabo secondo cui: «la via si apre
camminando».
È tempo, ora, dell’esoterico saluto. Buona fortuna:abbi letizia e sicura sapienza: intuisci ancora!
Beh, che dire? Sono senza parole!
RispondiEliminaGrazie per la splendida recensione: mai avrei pensato che una cosa nata per gioco potesse avere il potenziale per diventare qualcosa di più
DanteSommoPoeta
ma è puraverità!! sono d accordo
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