mercoledì 21 dicembre 2016

L’uomo folle

Ph. Robert Doisneau

























Le drammatiche vicende di Aleppo, Ankara e Berlino, per tacere l’intero rosario dei massacri recenti, insieme ad un sentimento di sgomento, destano un rovello più radicale e pernicioso sullo spirito del tempo presente. La vita pubblica, ben al di là dei meri fatti di sangue, pare interamente piegare verso una deriva di delirante trionfo dell’osceno, che investe ogni sfera dell’agire. Il declino della misura, il disfacimento implosivo della proporzione, la perdita di senso del nesso mezzi-fini sono le macerie del sabba della dismisura imperante in cui il deforme ha acquistato uno statuto autonomo, poiché non necessita più nemmeno del suo termine reciproco di riferimento. Se non che, sul punto di riaprire il profetico paragrafo 125 della Gaia scienza di Friedrich Nietzsche, è riemersa dalla memoria l’ultima pagina de Il Sublime (Perì hypsous) di Pseudo Longino. Così, dopo averla riletta, ho capito che non potevo evitare di condividerla, dacché essa valeva ben più di qualunque superflua ciarla ulteriore.

«Ottimo amico, è facile ed è tipico dell’uomo disprezzare sempre il presente. Considera tuttavia se a rovinare le grandi nature sia non già la pace universale, ma molto di più questa guerra sconfinata che avvince i nostri desideri; e, oltre a ciò, per Zeus!, queste passioni che oggi imprigionano la vita, devastandola e travolgendola del tutto. Infatti l’avidità di ricchezza, da cui ormai siamo tutti insaziabilmente contagiati, e la lusinga dei piaceri ci fanno schiavi e anzi, per così dire, mandano a picco la nave della nostra vita con tutta la ciurma: perché l’amore del denaro è un morbo degradante e la dedizione al piacere è un morbo tra i più ignobili.
Per quanto vi rifletta, io non riesco a scoprire come sia possibile a noi che tanto rispettiamo e anzi, per dirla più schietta, idolatriamo le ricchezze smisurate, non accogliere, quando s’insinuano in noi, i vizi che sono loro congeniti. Infatti a una ricchezza senza limite né freno, s’accompagna, s’attacca e, come dicono, procede affiancato lo sfarzo; e, appena la ricchezza spalanca le porte delle città e delle case, lo sfarzo vi s’introduce subito e vi coabita. Col tempo questi vizi, a dire dei saggi, fanno il nido nelle nostre vite e, giunti velocemente alla procreazione, generano l’avidità, l’alterigia e il lusso: figliolanza tutt’altro che spuria, ma anzi più che legittima. E se qualcuno lascia che questi parti della ricchezza giungano a maturazione, essi fanno nascere subito nelle nostre anime tiranni spietati: la violenza, l’illegalità e la sfrontatezza.
È infatti inevitabile che così accada tutto ciò: che gli uomini non sollevino più lo sguardo e che non facciano alcun conto della gloria futura; che, nel ciclo di questi mali, si compia a poco a poco la rovina della nostra esistenza; e che la grandezza dell’anima appassisca e si spenga senza suscitare alcuna rivalità: quando essi ammirano le loro parti mortali e non si curano di fare crescere le loro parti immortali.
Infatti chiunque si sia lasciato corrompere prima di emettere un giudizio non può riuscire giudice libero e integro delle cose giuste e belle (giacché è necessario che a un arbitro venduto appaiano belle e giuste le proprie cose, <ingiuste e brutte le cose altrui>). Se dunque arbitri di tutta la nostra vita sono la corruzione, la caccia ai morti a noi estranei e le insidie tese ai loro testamenti; se, pur di trarre profitto da ogni cosa, ciascuno di noi si vende anche l’anima, reso schiavo della sua stessa <avidità di ricchezza>; in una così letale rovina della vita, crediamo che ci sia ancora rimasto qualche libero e incorrotto giudice delle cose grandi e protese all’eterno? Un giudice che non si lasci vincere dalla brama di arricchirsi?
Ma forse, visto che siamo fatti così, per noi è meglio essere asserviti anziché essere liberi. Poiché lasciate tutte quante libere, le nostre cupidigie, come uscite da un carcere, si disfrenerebbero contro il prossimo e inonderebbero di vizi il mondo intero»*.

* Pseudo Longino, Il Sublime (Trad. it. Giovanni Lombardo), Aesthetica edizioni, Palermo, 1987.


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