La prima firma della satira italiana, nelle ultime settimane, ossessionata dal famigerato
referendum costituzionale, dalle molteplici gazzette sulle quali spezza il pane
delle sue sopraffine spiritosaggini, pubblica articoli fondati su un argomento
apparentemente formidabile.
Poiché lo schieramento del No era un insieme davvero
eterogeneo, un uomo saggio non avrebbe potuto che schierarsi per il Sì, a
prescindere dal merito della riforma costituzionale e a prescindere dal
giudizio politico sul governo Renzi. Tale argomento, che si potrebbe definire
"dell'accozzaglia", invero, pare davvero esile, se non palesemente
sofistico ed anzi logicamente inconsistente, ma del resto egli, ignorandone la lampante
fallacia, l'assevera con rancorosa strafottenza.
Se l'uomo saggio, a torto o a ragione, avesse
ritenuto la riforma, nei suoi contenuti, un poco edibile patè ai verdini frutti di boschi,
mai avrebbe potuto essere convinto del contrario solo perché tale patè era considerato parimenti disgustoso da una orrenda tribù antropofaga dell'Amazzonia, per la stessa
ragione che, mutatis mutandis, posto che Hitler sia stato vegetariano,
non ne deriva che tutti i vegetariani sono nazisti.
Se l'uomo saggio, inoltre, indipendentemente dal
merito della riforma, pur in base a valutazioni solo politiche, ossia l'inesistenza
di una credibile alternativa parlamentare disponibile, avesse giudicato di non poter
esprimere, a torto o a ragione, il proprio consenso ad un governo che ha
abrogato l'art. 18, ridotto in schiavitù a gettone i lavoratori e gestito con le
mance la questione drammatica dell'ineguaglianza sociale, analoga inefficacia
persuasiva avrebbe esercitato l'argomento dell'accozzaglia.
Certo, è ingiusto pretendere da un giornalista
di satira, faticose e serie riflessioni politiche. E tuttavia, per la sua meritata fama di
perspicace acutezza, non ci saremmo affatto stupiti se egli non si fosse
sdraiato su argomenti meno frustamente retorici, intinti nell'astio livoroso di
cortigiani e spin doctor da quattro soldi. Poiché con la sua riconosciuta intelligenza egli avrebbe potuto senz'altro
comprendere ben altro. E cioè, a mero titolo d'esempio.
Le norme costituzionali sono regole del gioco e
perciò fondano la loro legittimità sulla qualità eterogenea e sulla quantità ampia
del consenso ottenuto.
La carta costituzionale non può essere ridotta
a carne di porco per manovre politiche congiunturali.
Tutte le elezioni di medio termine sono
infauste per le forze governative.
Se per scriteriata
presunzione (cit. Massimo Cacciari) il giovanotto toscano ha ritenuto di
giocarsi la carta del referendum costituzionale, con un infelice azzardo, al
solo scopo di ottenere una personale legittimazione plebiscitaria, egli ha
anteposto il suo destino politico all'interesse del paese. Sicché del vuoto istituzionale determinato dal prevedibile risultato referendario, la
prima firma della satira italiana dovrebbe chieder conto solo al giovanotto
toscano, risparmiando agli elettori e ai lettori le sue rampogne divertenti ma,
per una volta, tutt'altro che spiritose.
E lasciamo in pace Rosa Luxemburg, e
soprattutto la povera Inter.
Gentile Luigi, il tuo articolo è un palindromo di senso. Letto da destra o da sinistra contiene sempre ragioni e disragioni pronte a cambiare di segno.
RispondiEliminaIl finale può mettere d'accordo tutti, tranne i milanisti: la povera Inter, lasciamola in pace!
Gentilissimo Marco Stancati,
RispondiEliminagrazie per l'attenzione, che di certo non merito. Farò tesoro delle sue opinioni senz'altro, ma soprattutto le sono particolarmente grato per le sue maniere urbane e ineccepibili; sapesse la tribù antropofaga dell'Amazzonia quali irripetibili contumelie mi ha inviato! Del resto se conveniamo sulle conclusioni, siamo a posto: checché ne pensino i cugini, lasciamo in pace la povera Beneamata, e soprattutto l'ancor più amata Rosa Luxemburg.