sabato 31 ottobre 2015

Il bello di Roma

Venere callipigia, Museo Archeologico Nazionale, Napoli


























Un giovin scrittore, già battezzato tra i pochissimi eredi del canone delle patrie lettere dal decano della critica italiana, confessa di aver imparato «a far vedere non solo quello che mi gratifica presso gli altri, come l'intelligenza e l'ironia, ma anche l'idiozia e la menzogna. Come Malaparte, Céline, De Sade. Di una scultura c'è sempre il dietro. Della statua di una dea c'è anche il culo. E spesso l'artista ha avuto cura di farlo venir bene, un po' sporgente».
Dei personali apprendimenti dell'illustre scrittore non cale ad alcuno, essendo del resto sottratti a valutazioni arbitrarie; solleciterebbe di contro pruriginose curiosità la questione ontologica, per altro indecisa, circa l'esistenza del culo della dea. Ci esime, nondimeno, da qualunque gravame di approfondimento anselmiano, la circostanza che l'affermazione non si riferisce già a eventuali dispute metafisiche sul deretano divino, quanto piuttosto alle umane rappresentazioni statuarie di esso culo. Tema, per dir così, di vasto e debordante interesse artistico, d'altronde, a tal segno che menarne vanto d'inusitata scoperta sfiderebbe la più stolta ovvietà, alla stregua di chi d'incanto, percorrendo via del Lavatore fino all'angolo di via di S. Vincenzo, innanzi allo splendido monumento che troneggia nell'antistante piazza Trevi, pretendesse d'avere scoperto la celeberrima fontana.
Non sarebbe, forse, appena più intrigante interrogarsi sulla perniciosa e mutilante ossessione del nostro tempo per codesta callipigia sporgenza? Dacché, con ogni evidenza, «c'è anche il culo», ma vivaddio, non c'è solo il culo, con rispetto parlando.


*Bello di Roma: Propr. il Colosseo, storpiato in Culiseo.
Valter Boggione - Giovanni Casalegno, Dizionario storico del lessico erotico italiano, Milano, 1996.

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